9 June 2016, Piersandra Di Matteo, Doppiozero
Review (it)
Nell’officina sensibile di Heiner Goebbels
..."Schwarz auf Weiss arriva al Teatro Argentina di Roma venti anni dopo la prima del Bockenheimer Depot di Francoforte nel 1996. Non si tratta di una cosmetica operazione di reenactment, perché in tutti questi anni Schwarz auf Weiss non ha mai smesso di andare in scena nei teatri di mezzo mondo (da New York a Mosca, dall’America Latina all’Australia). Fatte rare eccezioni, si muove con gli stessi 18 polistrumentisti dell’Ensemble Modern, con cui è stato creato durante una fitta serie di incontri spalmati lungo un intero anno di lavoro. La luce in sala è ancora accesa, quando alcuni musicisti iniziano ad accordare i loro strumenti. Occupano alcune delle panche in legno e metallo disposte in file che invadono l’intera superficie del palcoscenico, insieme a una disseminazione di oggetti di diverse taglie, metallofoni, leggii e microfoni. Quando la luce di sala si smorza, coglie i musicisti di spalle. Quella prima intima cacofonia e questo quadro rovesciato che include, con sottile irriverenza, lo spettatore come fuori luogo e quindi come parte in causa par excellence, suona già come una dichiarazione di intenti: è l’allusione al fatto che la scena non può essere un luogo di riconoscimenti allo specchio o lo sfondo per narcisistiche esibizioni individuali che relegano l’esecutore musicale a corollario del discorso scenico. Tutto già lascia presagire che il rapporto tra esecuzione strumentale, gesto teatrale e presenza scenica sia sul punto di essere messo in discussione."....
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on: Schwarz auf Weiss (Music Theatre)