6 September 2024, Valentina Crosetto, La Stampa
Interview (it)
ecco il mio diario immaginario
"IN QUESTA COMPOSITIONE HO RACCOLTO FRAMMENTI DI VITA DA TUTTO DEL MONDO"
Compositore, regista multimediale di teatro musicale, artista visivo, musicista rock, sound designer: la lunga e poliedrica carriera di Heiner Goebbels, classe 1952, conserva le tracce di innumerevoli vite. Artista fra i più innovativi e disallineati del nostro tempo, le sue creazioni spezzano qualunque distanza fra le arti secondo una pratica di sperimentazione continua che ridisegna forme e generi. Un esempio è il suo ciclo in quattro capitoli e quindici quadri “A House of Call – My Imaginary Notebook”, scritto nel 2021 per l’Ensemble Modern di Francoforte, che MiTo presenta in prima esecuzione italiana domenica 15 settembre alle 18 all’Auditorium Toscanini (via Rossini 15). Un’assenza dal festival lunga oltre vent’anni per il maestro tedesco, che vedrà la sua opera interpretata dall’Orchestra Rai diretta da Vimbayi Kaziboni.
Com’è nato il progetto di A House of Call?
«Non scrivevo composizioni orchestrali da trent’anni e avevo bisogno di una buona ragione per tornare a farlo dopo “Surrogate Cities”. Ho sempre evitato di lavorare con grandi ensemble strumentali, il mio lavoro è prevalentemente influenzato dalla letteratura, dal teatro e dall’arte visiva, dunque è un’esperienza quasi inedita. Mi interessava mettere alla prova le dinamiche del genere sinfonico classico aggregando materiali sonori preregistrati, ignoti o dimenticati, delle più diverse origini. Con “A House of Call” non volevo esaltare l’orchestra ma piegarla al rapporto con la parola per darle un nuovo senso».
Da dove provengono le fonti di questo personale “diario immaginario”?
«Si va da un frammento di Beckett a uno di Heiner Müller, da canti popolari del Caucaso e degli indigeni dell’Amazzonia alle registrazioni nei campi di prigionia tedeschi della Grande Guerra. Sono voci senza corpo che ho collezionato durante i miei viaggi in giro per il mondo ma anche reperti e trouvailles d’archivio tratti da vecchi cilindri fonografici. Per combinarle ho preso ispirazione dalle tecniche di montaggio sperimentate da John Cage nel suo radiodramma Roaratorio, basato sulla lettura di brani del Finnegan’s Wake di Joyce. Il suo rispetto universale e antigerarchico verso qualunque fonte sonora mi ha incoraggiato a creare questa sorta di Liederabend senza solisti».
Che importanza ha l’esecuzione strumentale in questa partitura polifonica?
«La musica eseguita dall’orchestra, che spazia da Stravinskij al free jazz, risponde alla complessità e asprezza delle voci. Le accompagna e sostiene come in un responsorio laico. Direttore e musicisti hanno il delicato compito di rendere giustizia a queste testimonianze, spesso scaturite da atti violenti o ingiusti, che sono divenute memoria dei secoli».
La musica è ancora veicolo di valori culturali ai tempi della globalizzazione?
«Se escludiamo i fenomeni planetari alla Taylor Swift, forse è meno omologata e appiattita di altre forme d’arte, le piattaforme di streaming digitale permettono di accedere a infinite librerie di contenuti. Le radio però, almeno in Germania, sono piuttosto conservatrici: trasmettono la stessa programmazione classica e barocca per tutto il giorno».
on: A House of Call (Composition for Orchestra)