1 December 2015, Heidi Mancino
Article (it)
Stifters Dinge
In “Stifter Dinge” Heiner Goebbels presenta il suo Manifesto Teatrale, egli crea un’opera per piano senza pianista con cinque pianoforti ‘apparecchiati’, un testo senza autore, una performance senza attore.
Attraverso una composizione molto raffinata, Goebbels crea paesaggi semiotici inediti in un’alchimia di suoni e visioni di grande impatto emotivo.
La purezza e il rigore stilistico riattivano la grande tradizione teatrale-musicale tedesca, che dall’ idea totalizzante Wagneriana giunge fino alle alte sperimantazioni di Stockhausen, integrandole con la lezione politica di Heiner Muller.
Nelle scenografie create da Klaus Grünberg la composizione/scomposizione degli elementi avvia lo spettatore in un universo chimico, in cui ogni singola ‘cosa’ -Ding- diventa emblema della trasformazione, di un divenire scandito soltanto dalla musica, reagente universale.
Le risonanze sono molteplici, l’immagine de “La caccia notturna” di Paolo Uccello, si riflette deformandosi nell’acqua al centro della scena, nel contempo i pianoforti “apparecchiati” (come alberi) avanzano verso lo spettatore e lo inondano di una coltre di fumo che invade tutta la platea tanto da farci sembrare veramente immersi in quella “selva oscura” che precedeva la discesa agli inferi del girone Dantesco.
In Goebbels il Suono traccia luoghi abitabili e non è mera propagazione di onde, ha in sé la capacità di mobilitare una molteplicità di creazioni corporee e materiali che rinviano le une alla altre in un continuum senza interruzioni.
I suoi soggetti teatrali, tesi sempre al flusso di desiderio, sono delle “macchine desideranti” capaci di assorbire ogni sorta di carburante, di masticare e rielaborare tutte le molecole dell'universo.
Ecco quindi che lo spettatore si trova di fronte ad una sorta di “Theatrum Philosophicum” che abbattendo le altezze del pensiero-Logos allestisce un Evento in quel blocco di spazio-tempo in cui sussistono soltanto reazioni, vibrazioni, veri e propri divenire sonori, visivi, persino tattili.
Un teatro che nella sua ricerca rileva coordinate emotive ed estetiche assolutamente impreviste, che rinviano a quel luogo in cui nulla è stato ancora scritto, in cui l’unica necessità rimane quella di un ascolto che sappia prolungare, altrove, le vibrazioni accolte.
Unpublished.
on: Stifters Dinge (Music Theatre)